venerdì, giugno 22, 2012

«Perché non vi ribellaste?». La collababorazione ebraica alla Shoa

Alla maturità di quest'anno la traccia del tema storico prende lo spunto dal libro della scrittrice ebrea Hannah Arendt, "La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme" (Feltrinelli, Milano 1964), e in modo più specifico da un passo tratto dal capitolo settimo "La conferenza di Wannsee, ovvero Ponzio Pilato" dove si è pianificato pubblicamente e a tavolino la "soluzione finale" nei confronti degli ebrei nei territori occupati dalla Germania. Un'ulteriore salto di qualità della gerarchia nazista con l'obiettivo sistematico dell'annientamento, un argomento questo che trova concordi la quasi totalità degli studiosi eccetto qualche negazionista che appunto rifiuta o minimizza le cifre delle vittime ebree che sono uscite dai campi di sterminio della Seconda guerra mondiale. Proprio la Arendt riporta Eichmann: 
«"Qui a questa conferenza, avevano parlato i personaggi più illustri, i papi del Terzo Reich". Ora egli vide con i propri occhi e udì con le prorie orecchie che... i più qualificati esponenti dei buoni vecchi servizi civili si disputavano l'onere di dirigere questa "crudele" operazione. «In quel momento mi sentii una specie di Ponzio Pilato, mi sentii libero da ogni colpa». ...Egli non fu né il primo né l'ultimo ad essere rovinato dalla modestia. ...Eichmann ebbe dunque molte occasioni di sentirsi come Ponzio Pilato, e col passare dei mesi e degli anni non ebbe più bisogno di pensare» (pp. 122, 142 "La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme" ) 

Quello che voglio sottolineare è che proprio nel capitolo settimo la Arendt solleva un punto molto controverso e scottante al tempo stesso: la collaborazione attiva e la responabilità dei capi ebraici allo sterminio del loro popolo (pag. 125 «Per un ebreo, il contributo dato dai capi ebraici alla distruzione del proprio popolo, è uno dei capitoli più foschi di tutta quella fosca vicenda»).
Riporto alcuni passi significativi per riflettere:


«Eichmann o i suoi uomini comunicavano ai Consigli ebraici degli Anziani [Judenrat] quanti ebrei occorrevano per formare un convoglio, e quelli preparavano gli elenchi delle persone da deportare. E gli ebrei si facevano registrare, riempivano innumerevoli moduli, rispondevano a pagine e pagine di questionaru riguardanti i loro beni, in modo da agevolare il sequestro; poi si radunavano nei centri di raccolta e salivano sui treni. I pochi  che tentavano di nascondersi o di scappare venivano ricercati da uno speciale corpo di polizia ebraico. A quanto constava ad Eichmann nessuno protestava, nessuno si rifiutava di collaborare. ... La semplice condiscendenza non sarebbe mai bastata né ad appianare le enormi difficoltà di un'oprezione che presto interessò tutta l'Europa occupata o alleata dei nazisti, né a tranquillizzare la coscienza degli esecutori, i quali in fondo erano stati educati al comandamento "Non ammazzare" e conoscevano il versetto della Bibbia "Tu hai ucciso e tu hai ereditato"» (p. 123)
«Naturalmente egli [Eichmann] non si aspettava che gli ebrei condividessero il generale entusiasmo per la loro distruzione, ma si aspettava qualcosa di più che la condiscendenza: si aspettava - e la ebbe in misura eccezionale - la loro collaborazione.Questa era la pietra angolare  di tutto ciò che faceva. ...Senza l'aiuto degli ebrei nel lavoro amministrativo e poliziesco... o ci sarebbe stato il caos completo oppure i tedeschi avrebbero dovuto distogliere troppi uomini dal fronte. ("E' fuor di dubbo che senza la collaborazione delle vittime ben difficilmente poche migliaia di presone, che per giunta lavoravani quasi tutte a tavolino , avrebbero potuto liquidare molte centinaia di migliaia di altri esseri umani... Lungo tutto il viaggio verso la morte, gli ebrei polacchi di rado vedevano più di un pugno di tedeschi". Così dice R. Pendorf.)» (p. 125)
«I funzionari ebrei erano incaricati di compilare le liste delle persone da deportare e dei loro beni, di sottrarre ai deportati il danaro per pagare le spese della deportazione e dello sterminio di tenere aggioranto l'elenco degli alloggi rimasti vuoti, di fornire forze di polizia per aiutare a catturare gli ebrei e a caricarli sui treni, e infine, ultimo gesto, di consegnare in buon ordine gli inventari dei beni della comunità per la confisca finale» (pp. 125-126)
«La soluzione finale si era svolta in un'atmosfera soffocante e avvelenata, e vari testimoni dell'accusa avevano confermato, lealmente e crudelmente, il fatto già ben noto che nei campi molti lavori materiali connessi allo sterminio erano affidati a speciali reparti ebraici; evevano narrato come questi lavorassero nelle camere a gas e nei crematori, estrassero i denti d'oro e tagliassero i capelli ai cadaveri, scavassero le fosse e più tardi riesumassero le salme per far sparire ogni traccia; avevano narrato come tecnici ebrei avessero costruito camere a gas a Theresienstadt e come qui l'"autonomia ebraica fosse arrivata al punto che perfino il boia era ebreo». (p. 130)
«Certo il popolo ebraico nel suo complesso era rimasto disorganizzato, non aveva avuto un terrirorio, un governo, un esercito: non aveva avuto un governo in esilio che lo rappresentasse presso gli Alleati (l'Agenzia ebraica per la Palestina, presieduta da Weizmann, era stata soltanto un miserabile surrogato), né depositi di armi, né una gioventù militarmente addestrata. Ma la verità vera era che sia sul piano locale che su quello internazionale c'erano state comunità ebraiche, partiti ebraici, organizzazioni assistenziali. Ovunque c'erano ebrei, c'erano stati capi ebraici riconosciuti, e questi capi quasi senza eccezioni, avevano collaborato con i nazisti, in un modo o nell'altro, per una ragione o per l'altra. La verità vera era che se il popolo ebraico fosse stato realmente disorganizzato e senza capi, dappertutto ci sarebbe stato caos e disperazione, ma le vittime non sarebbero state quasi sei milioni» (p.132)
«Se ci siamo soffermati tanto su questo aspetto della storia dello sterminio, aspetto che il processo di Gerusalemme mancò di presentare al mondo nelle sue vere dimensioni, è perché esso permette di farsi un'idea esatta della vastità del crollo morale provocato dai nazisti nella "rispettabile" società europea - non solo in Germania ma in quasi tutti i paesi, non solo tra i persecutori ma anche tra le vittime» (p. 133)  

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